venerdì 27 aprile 2018

LA MICCIA DELLA LIBERAZIONE*


La giustizia e la pace sono le due grandi conquiste della Resistenza su cui è stato costruito l’intero edificio della nostra Costituzione. Esse non erano però solo delle stazioni di partenza ma traguardi da raggiungere e non solo per noi, ma per tutti. A cominciare dal centro, dal Mediterraneo
 Raniero La Valle
 (dal sito “Questione giustizia” di Magistratura Democratica)

È una grande giornata di pace. Perché il 25 aprile 1945 non solo finì una guerra, ma si aprì una nuova pagina della storia d’Italia e della storia del mondo. Noi siamo dentro questa pagina, e ora la dobbiamo scrivere a partire da questo vero centro del mondo che è oggi il Mediterraneo, che deve essere un mare di pace e non di afflizione.
Per questo non è solo un grande onore, ma una gioia per me celebrare la Liberazione qui a Reggio, e non, ad esempio, a Milano, dove soffiò il vento del Nord, o a Roma dove la nuova Repubblica prese inizio. Perché celebrarla qui a Reggio vuol dire cambiare prospettiva, guardare le cose dal futuro, da dove i problemi massimamente si pongono, da questo bacino del Mediterraneo dove la nostra civiltà è nata, e ora deve ripartire per portare a pienezza la civiltà stessa del mondo.
Come ci ha detto la splendida partigiana Anna Condò, noi oggi prima di tutto abbiamo un dovere della memoria. La memoria però non è un deposito dove sono ammassati inerti i fatti del passato, ma è una miccia che accende il presente, che lo fa muovere e vivere; la memoria non è conservatrice, è sovversiva. Per questo ci sono ancora i partigiani. Noi infatti riceviamo il passato come dono, mentre viviamo il futuro come promessa. La Resistenza, la Liberazione, la democrazia, la Costituzione sono i doni che abbiamo ricevuto e che ora dobbiamo mettere a frutto; noi siamo la speranza, concepita nel passato, che ora si realizza. Siamo noi, qui, ciascuno di noi, che decidiamo il destino del mondo. 
Che cosa dunque ci porta la memoria? Io allora ero troppo piccolo per fare la Resistenza, ma abbastanza grande per capire da dove venivamo. Lasciatemelo dire con le parole di un grande poeta e di un grande resistente del tempo, un monaco, padre David Maria Turoldo.

Per padre Turoldo la Resistenza era stata una fuoruscita dalla notte oscura del nazifascismo, nel patimento di un Paese occupato, calpestato da neri stivali. «Aquile e svastiche e canti di morte – come scriverà nella sua poesia – salmi e canti e benedizioni di reggimenti col teschio sui berretti neri sulle camicie nere sui gagliardetti neri...». Contro «quella notte oscura» egli aveva scelto la sua Parte. «Sì, insieme al mio fratello di convento, Camillo de Piaz – racconterà quarant’anni dopo – ho fatto la Resistenza: con molti giovani cattolici, e comunisti, e socialisti, e del Partito d’azione, e altri; con Curiel e Gillo Pontecorvo, e Teresio Olivelli, quello della Preghiera del Ribelle; e con Mario Apollonio e amici dell’Università Cattolica, e altri ancora. Sì, in molti avevamo lottato e sperato insieme».
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venerdì 20 aprile 2018

NON COLPA MA GLORIA



Nel tentativo di denigrare papa Francesco, il solo leader mondiale che si frappone alla guerra, il partito antipapista che lo vorrebbe deporre pubblica, sul solito blog di Espresso-Repubblica, un atto di accusa che è il più grande riconoscimento, da parte laica, della straordinaria portata del pontificato bergogliano: “una risposta estrema alla crisi dei rapporti tra la Chiesa e il mondo moderno”, come dice l’articolo di cui parliamo, in un quadro concettuale però in cui il cattolicesimo romano è visto come ridotto alla ingloriosa misura di “struttura portante del mondo occidentale”.
Si tratta dell’analisi di uno storico dell’università di Bergamo, Roberto Pertici, che interpreta la fase che va dal Concilio Vaticano II a papa Francesco come il susseguirsi di contrastanti risposte alla crisi, nel tentativo di difendere ciò che egli giustamente non chiama cristianesimo ma “cattolicesimo romano”, che a suo parere oggi rischia la fine: non certo fine della Chiesa cattolica, precisa, ma del “modo in cui si è storicamente strutturata e autorappresentata negli ultimi secoli”, sulla base del “primato dei successori di Pietro” e a partire dal “Dictatus papae” di Gregorio VII (1075). A partire cioè, vogliamo qui ricordare, da quella sostituzione di Dio con la Chiesa e della Chiesa con il papato in cui è andato a concludere l’Impero cristiano medievale, per cui il secondo millennio si è costruito in Occidente sulla rivendicazione di un papa che avesse un potere supremo su tutto il mondo, che fosse santo d’ufficio “per i meriti del beato Pietro”, che fosse l’unico a poter usare le insegne imperiali, il solo a cui fosse permesso deporre gli imperatori e il solo a cui “tutti i Principi” dovessero “baciare i piedi”; un papa a cui infine, come pretenderà due secoli più tardi Bonifacio VIII dopo lo sprazzo di luce di Celestino V, dovesse essere “sottomessa ogni umana creatura” (dal “Dictatus papae” all’ “Unam Sanctam”).
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martedì 17 aprile 2018

L’OCCIDENTE PERDUTO


Se Israele non avesse attaccato una base in Siria per colpire l’Iran, se Trump non avesse fatto lanciare 19 missili Cruise da due bombardieri B 18 partiti dal Qatar e 66 missili Tomahawk da un incrociatore, da due cacciatorpediniere e da un sommergibile forse passato da Napoli, se la signora May non avesse spedito 4 Tornado che hanno sparato 8 missili e se l’ultimo del terzetto, Macron, non fosse stato della partita facendo scoccare 9 missili SCALP da altrettanti caccia partiti dalla Francia più 3 missili lanciati da fregate, e se i nostri eroi non si fossero premurati di avvisare Putin di non prendersela perché l’intenzione non era né di disturbare la Russia né di distruggere la Siria, allora forse si potrebbe credere che davvero Assad avesse lanciato armi chimiche di sterminio contro la propria popolazione sul proprio territorio nel corso di una guerra civile che ormai stava vincendo, e perciò meritasse di essere punito. Certo, al senso comune ciò appare improbabile e del tutto insensato, ma se lo dicono i giornali può essere vero dato che non c’è mai limite al peggio.
L’esperienza però ci dice un’altra cosa: ogni volta che, dalla fine della seconda guerra mondiale, l’Occidente ha voluto lanciare una guerra, rovesciare un regime, uccidere capi avversari o compiere altri delitti, si è sempre fatto precedere da una bugia che servisse a salvargli l’anima e a persuadere le masse del proprio buon cuore e della propria innocenza. È questa la ragione per cui le armi sono le ultime a sparare e i governi gli ultimi a esporsi: i primi autori e persuasori della guerra sono i servizi segreti, l’intelligence e i media seriali. La guerra del Vietnam, quando l’America cessò di essere l’America di Wilson e di Roosevelt per giungere poi ad essere l’America di Trump, cominciò con la bugia di un attacco navale nordvietnamita nel golfo del Tonchino, poi rivelata come tale dai “Pentagon Papers” nel 1971.
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venerdì 13 aprile 2018

NON È CELESTINO V


L'ambiziosa assemblea antipapista che si è tenuta sabato 6 aprile a Roma ha mostrato tutta la debolezza della fazione che sta cercando di dividere la Chiesa: una sala della periferia romana, cento presenze, due cardinali, due vescovi, un diacono e Marcello Pera; l'atto di accusa contro il pontificato francescano consacrato nella "declaratio" finale (ma in realtà da tempo pronta per l'uso) riguardava unicamente la ben nota controversia sull'eucarestia ai divorziati risposati a cui l'Amoris Laetitia post-sinodale ha aperto la strada attraverso il discernimento e la cura pastorale. Tuttavia la sostanza teologica del pronunciamento romano è gravissima, perché attraverso la dissertazione del cardinale Burke è giunto fino alla proposta della destituzione del papa mediante il ricorso - singolare per un canonista - al "diritto naturale", ai Vangeli e alla tradizione.
Ora però, pur nella debolezza dell'iniziativa, che un piccolo gruppo di dissidenti frustrati possa giungere ad affiggere tali tesi non lontano dalla porta di San Pietro, dimostra anche la vulnerabilità del papato bergogliano. Vulnerabilità in forza del Vangelo: perché se il papa ancora si incoronasse col triregno, vestisse la mozzetta rossa imperiale e come controfigura di Dio fosse padrone di angeli, potrebbe muovere le sue schiere, mobilitare l'Azione Cattolica, i baschi verdi, i Comitati Civici e i Legionari di Cristo, per avere ragione dei suoi avversari; ma non ha schiere, e non vuole neanche difendersi perché sa che chi difende la propria vita la perde.
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