lunedì 23 novembre 2009

Il mezzo è il messaggio

DI RANIERO LA VALLE

In una sciagurata intervista a “Linea Notte” il presidente dei deputati della Lega Nord, Roberto Cota, alla domanda sul perché fare il “processo breve” per il presidente del Consiglio e invece lasciare il “processo lungo” per gli immigrati, ha risposto che si tratta di dare, qui e in ogni altra occasione, la prova che “il contrasto alla immigrazione clandestina” è una indiscutibile politica e priorità della maggioranza e del governo. Non è questione di efficacia: alla sicurezza non aggiunge nulla che un immigrato possa essere processato a vita, mentre molto serve alle fantasie xenofobe sapere che nei suoi confronti la pretesa punitiva dello Stato non viene mai meno. In modo imprevisto si realizza il vecchio annuncio di Marshall Mac Luhan: il mezzo è il messaggio. Perché sia chiaro che gli stranieri che non ci servono devono stare fuori dai piedi, il mezzo è di assimilarli, nella procedura penale, ai terroristi e ai mafiosi, di lasciarli affondare coi barconi nel Mediterraneo, di incriminare chi li soccorre, di arrestarli se si sentono male e chiamano il 118 o vanno al Pronto Soccorso, di farli nascere come figli di nessuno, di braccarli se lavano i vetri o si improvvisano giocolieri ai crocicchi delle strade. Non serve a niente, ma serve a far capire che qui siamo inflessibili, e perciò non vengano e se ne vadano.
L’ultimo messaggio è quello del “White Christmas”, il bianco Natale, cioè il Natale pulito, inventato dal comune leghista di Coccaglio (Brescia) Si tratta di fare pulizia etnica, fino al 25 dicembre, andando a pescare in tutte le case gli immigrati non in regola, o non più, togliendo loro la residenza. E poi c’è il messaggio dell’ “Ambrogino”, con cui il comune di Milano ha premiato la squadra dei vigili che andava a caccia dei clandestini sugli autobus.
Ma ci sono altri messaggi. Il “processo breve” il premier Berlusconi se lo fa per sé, con ostentazione: tutto l’impegno del suo ministro e dei suoi avvocati messi in Parlamento è ora quello di aggirare la Costituzione scrivendo una legge che, senza veli, suonerebbe così: “Silvio Berlusconi non può essere sottoposto ad alcun procedimento penale”. Anche qui il mezzo è il messaggio; esso dice: Berlusconi è “il sovrano del popolo”, e pertanto è insindacabile, inviolabile e non punibile; che poi è il messaggio definitivo, finalmente svelato, della cosiddetta “governabilità”: chi riesce a farsi eleggere poi può fare quello che vuole e viene pulito anche il suo passato.
Insieme con questo è arrivato il messaggio che il ministro Bondi è andato a proclamare in TV: “la magistratura assedia la democrazia italiana”, il che vuol dire che il governo dichiara guerra alla magistratura; il sovversivismo delle classi dirigenti giunge qui fino all’orlo della guerra civile.
Poi ci sono i messaggi che le tasse sono un furto di Stato, che evaderle merita una legislazione premiale, che la corruzione non fa male e che per il resto gli italiani – disoccupati, licenziati, cassintegrati – si arrangino, tanto la crisi non c’è.
Di questi messaggi Berlusconi è la fonte, il cuore, il catalizzatore, la condizione, il garante. Messaggi che inesorabilmente diventano convinzione diffusa, cultura e senso comune, riflesso condizionato, vita quotidiana. E una società intera finirà per muoversi così, senza più neanche sapere che questi sono diventati i suoi parametri, i suoi moventi.
Per questo la permanenza di Berlusconi al potere è di per se stessa turbativa dell’ordine pubblico ed è un fattore gravemente inquinante della nostra comunità nazionale. È una lesione che diventa metastasi. Gli alti sondaggi non sono una legittimazione, sono un’aggravante. L’accanimento terapeutico con cui i suoi accoliti e alleati lo difendono, pur se non lo stimano e dissentono, si spiega solo col fatto che Berlusconi è il nome del loro stesso potere, e sanno che col voto, anticipato o no, esso finirà.
Dunque è giustificato non solo giudicare e criticare le politiche del governo, ma anche continuare a porre il problema personale del presidente del Consiglio, comprese le manifestazioni popolari come quella del 5 dicembre, perché la preoccupazione in almeno la metà del Paese è altissima, e il nostro sistema istituzionale, a causa della riuscita neutralizzazione del Parlamento, è rimasto privo di ogni strumento di difesa. E quanto alle nostre istituzioni educative, che potrebbero almeno lottare con altri e alternativi messaggi, in questo tempo hanno smesso di educarci.


Raniero La Valle
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LA SCHEDA/ Ecco le leggi che hanno aiutato Berlusconi


Qui di seguito tutte le leggi approvate dal 2001 ad oggi dai governi di centrodestra che hanno prodotto benefici effetti per Berlusconi e le sue società.

1 Legge n. 367/2001. Rogatorie internazionali. Limita l'utilizzabilità delle prove acquisite attraverso una rogatoria. La nuova disciplina ha lo scopo di coprire i movimenti illeciti sui conti svizzeri effettuati da Cesare Previti e Renato Squillante, al centro del processo "Sme-Ariosto1" (corruzione in atti giudiziari).
2 Legge n. 383/2001 (cosiddetta "Tremonti bis"). Abolizione dell'imposta su successioni e donazioni per grandi patrimoni. (Il governo dell'Ulivo l'aveva abolita per patrimoni fino a 350 milioni di lire). 3 Legge n.61/2001 (Riforma del diritto societario). Depenalizzazione del falso in bilancio. La nuova disciplina del falso in bilancio consente a Berlusconi di essere assolto perché "il fatto non è più previsto dalla legge come reato" nei processi "All Iberian 2" e "Sme-Ariosto2".
4 Legge 248/2002 (cosiddetta "legge Cirami sul legittimo sospetto"). Introduce il "legittimo sospetto" sull'imparzialità del giudice, quale causa di ricusazione e trasferimento del processo ("In ogni stato e grado del processo di merito, quando gravi situazioni locali, tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, pregiudicano la libera determinazione delle persone che partecipano al processo ovvero la sicurezza o l'incolumità pubblica, o determinano motivi di legittimo sospetto, la Corte di cassazione, su richiesta motivata del procuratore generale presso la Corte di appello o del pubblico ministero presso il giudice che procede o dell'imputato, rimette il processo ad altro giudice"). La norma è sistematicamente invocata dagli avvocati di Berlusconi e Previti nei processi che li vedono imputati.
5 Decreto legge n. 282/2002 (cosiddetto "decreto salva-calcio"). Introduce una norma che consente alle società sportive (tra cui il Milan) di diluire le svalutazioni dei giocatori sui bilanci in un arco di dieci anni, con importanti benefici economici in termini fiscali.
6 Legge n. 289/2002 (Legge finanziaria 2003). Condono fiscale. A beneficiare del condono "tombale" anche le imprese del gruppo Mediaset.
7 Legge n.140/2003 (cosiddetto "Lodo Schifani"). E' il primo tentativo per rendere immune Silvio Berlusconi. Introduce ildivieto di sottomissione a processi delle cinque più altre cariche dello Stato (presidenti della Repubblica, della Corte Costituzionale, del Senato, della Camera, del Consiglio). La legge è dichiarata incostituzionale dalla sentenza della Consulta n. 13 del 2004.
8 Decreto-legge n.352/2003 (cosiddetto "Decreto-salva Rete 4"). Introduce una norma ad hoc per consentire a rete 4 di continuare a trasmettere in analogico.
9 Legge n.350/2003 (Finanziaria 2004). Legge 311/2004 (Finanziaria 2005). Nelle norme sul digitale terrestre, è introdotto un incentivo statale all'acquisto di decoder. A beneficiare in forma prevalente dell'incentivo è la società Solari. com, il principale distributore in Italia dei decoder digitali Amstrad del tipo "Mhp". La società controllata al 51 per cento da Paolo e Alessia Berlusconi.
10 Legge 112/2004 (cosiddetta "Legge Gasparri"). Riordino del sistema radiotelevisivo e delle comunicazioni. Introduce il Sistema integrato delle comunicazioni. Scriverà il capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi: "Il sistema integrato delle comunicazioni (Sic) - assunto dalla legge in esame come base di riferimento per il calcolo dei ricavi dei singoli operatori di comunicazione - potrebbe consentire, a causa della sua dimensione, a chi ne detenga il 20% di disporre di strumenti di comunicazione in misura tale da dar luogo alla formazione di posizioni dominanti".
11 Legge n.308/2004. Estensione del condono edilizio alle aree protette. Nella scia del condono edilizio introdotto dal decreto legge n. 269/2003, la nuova disciplina ammette le zone protette tra le aree condonabili. E quindi anche alle aree di Villa Certosa di proprietà della famiglia Berlusconi.
12 Legge n. 251/2005 (cosiddetta "ex Cirielli"). Introduce una riduzione dei termini di prescrizione. La norma consente l'estinzione per prescrizione dei reati di corruzione in atti giudiziari e falso in bilancio nei processi "Lodo Mondadori", "Lentini", "Diritti tv Mediaset".
13 Decreto legislativo n. 252 del 2005 (Testo unico della previdenza complementare). Nella scia della riforma della previdenza complementare, si inseriscono norme che favoriscono fiscalmente la previdenza integrativa individuale, a beneficio anche della società assicurative di proprietà della famiglia Berlusconi.
14 Legge 46/2006 (cosiddetta "legge Pecorella"). Introduce l'inappellabilità da parte del pubblico ministero per le sole sentenze di proscioglimento. La Corte Costituzionale la dichiara parzialmente incostituzionale con la sentenza n. 26 del 2007.
15 Legge n.124/2008 (cosiddetto "lodo Alfano"). Ripropone i contenuti del 2lodo Schifani". Sospende il processo penale per le alte cariche dello Stato. La nuova disciplina è emenata poco prima delle ultime udienze del processo per corruzione dell'avvocato inglese Davis Mills (testimone corrotto), in cui Berlusconi (corruttore) è coimputato. Mills sarà condannato in primo grado e in appello a quattro anni e sei mesi di carcere. La Consulta, sentenza n. 262 del 2009, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge per violazione degli articoli 3 e 138 della Costituzione.
16 Decreto legge n. 185/2008. Aumentata dal 10 al 20 per cento l'IVA sulla pay tv "Sky Italia", il principale competitore privato del gruppo Mediaset.
17 Aumento dal 10 al 20 per cento della quota di azione proprie che ogni società può acquistare e detenere in portafoglio. La disposizione è stata immediatamente utilizzata dalla Fininvest per aumentare il controllo su Mediaset.
18 Disegno di legge sul "processo breve". Per l'imputato incensurato, il processo non può durare più di sei anni (due anni per grado e due anni per il giudizio di legittimità). Una norma transitoria applica le nuove norme anche i processi di primo grado in corso. Berlusconi ne beneficerebbe nei processi per corruzione in atti giudiziari dell'avvocato David Mills e per reati societari nella compravendita di diritti tv Mediaset.

(da "Repubblica")
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sabato 21 novembre 2009

COMUNICATO DI ADESIONE ALLA MANIFESTAZIONE DEL 5 DICEMBRE 2009

La Sinistra Cristiana, servizio politico per la Costituzione, la laicità, la pace, promotore dell’appello per la Salvezza e la pace della Repubblica con il quale si invitano tutte le forze politiche democratiche, le associazioni ed i Comitati per la Costituzione a riunirsi in un supremo sforzo per arrestare il declino e ristabilire le condizioni di dignità, onore, cultura e libertà nel nostro paese, dando vita ad una costellazione democratica, aderisce, con piena condivisione di intenti, alla manifestazione del 5 dicembre.

La Costituzione è la nostra Patria. In questa contingenza storica un pericolo mortale minaccia la Patria-Costituzione. Come avvenne con la resistenza, ora come allora, occorre chiamare a raccolta tutte le energie spirituali, tutte le culture, tutte le forze politiche e tutti gli uomini di buona volontà, ad agire con fermezza per la salvezza della Repubblica. Solo una forte mobilitazione popolare dal basso può ricomporre l’unità delle forze democratiche intorno ai valori supremi della Costituzione.

Roma, 19 novembre 2009


Raniero La Valle
Domenico Gallo
Giovanni Pecora
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Se la giustizia diviene castale

di Domenico Gallo *

Anche se corre l’anno 2009, noi stiamo vivendo una stagione politica che ci rimanda al 1984, l’anno immaginario nel quale George Orwell collocava la sua profezia nera. In 1984 il potere rovesciava i significati delle parole per far sparire le sue malefatte, al punto da chiamare ministero dell’amore la struttura che organizzava e praticava la tortura. Evidentemente si è ispirato ad Orwell, l’on. Gasparri che ha intitolato la sua legge nientemeno che: “misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in attuazione dell’art. 111 della Costituzione e dell’art. 6 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo.”Il titolo lancia un messaggio accattivante di pace ed amore (al popolo bue). Non preoccupatevi cittadini italiani, il potere ha a cuore i vostri diritti, ed ha predisposto delle misure per attuare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo che ci impone di assicurarvi un processo equo che deve svolgersi in un tempo ragionevole.
Effettivamente è difficile immaginare una falsificazione maggiore per presentare all’opinione pubblica una disciplina che per il suo contenuto dovrebbe intitolarsi: “norme per introdurre una giustizia castale”. Questo disegno di legge, in un solo articolo (l’art. 2), riesce a trasformare il processo penale ( che fino a prova contraria è un bene pubblico, indispensabile non solo per il funzionamento della democrazia, ma per l’esistenza stessa dello Stato), in uno strumento a disposizione di una casta per neutralizzare gli effetti dannosi dell’obbligo di rispettare le leggi penali, lasciando che la legge penale dispieghi in pieno la sua geometrica potenza nei confronti dei ceti sociali più deboli, degli emarginati e dei senza diritti (i migranti in condizione di irregolarità).Questa legge ci dice che, salvo casi eccezionali, i reati dei colletti bianchi non saranno più punibili. Non perché si tratti di fatti meno dannosi per la convivenza civile rispetto ai quali si potrebbe chiudere un occhio.

Al contrario nell’economia della questione criminale, i fatti più dannosi (esclusa la mafia) per la collettività sono proprio i reati dei colletti bianchi. Pensiamo al crack della Parmalat che ha comportato un danno alla famiglie italiane di 14 milioni di euro, oppure alle vicende della malasanità, come quella della clinica Santa Rita a Milano, dove si facevano operazioni chirurgiche estremamente invasive al solo scopo di lucrare i finanziamenti della Regione, oppure alle frodi per il conseguimento di erogazioni pubbliche che creano un danno enorme sottraendo risorse che dovrebbero essere destinate all’occupazione ed allo sviluppo economico.In questo modo si realizza una giustizia castale, che riflette una società castale. Al vertice c’è un ceto di privilegiati, uniti in famiglie di sangue e d’interesse per i quali non c’è legge che tenga. A costoro tutto è consentito ed è garantita per legge l’impunità, pagando solo un piccolo prezzo.

Il costo degli avvocati, che piloteranno il processo sul binario morto dell’estinzione inevitabile del processo. Tutti quelli che sono fuori da questa casta di privilegiati e che normalmente compiono reati minori collegati ad una condizione di emarginazione sociale continueranno ad essere soggetti ai rigori della legge penale. E’ sbagliato, pertanto, parlare di legge ad personam.

Quali che siano i motivi contingenti, quello che conta è che ci troviamo di fronte ad una disciplina che costruisce un privilegio castale, riservato ad un ceto sociale di privilegiati e porta a conseguenze estreme la politica della discriminazione consacrata nei vari pacchetti sicurezza.L’altra faccia della medaglia è il correlativo indebolimento dei beni pubblici a tutela dei quali sono poste le norme penali dribblate con il processo celere: la correttezza ed il buon andamento dell’amministrazione, l’efficienza della spesa pubblica, la salute dei cittadini garantita dal Servizio Sanitari nazionale, la correttezza nell’esercizio delle attività economiche e produttive.Così Il miglior governo che abbiamo avuto negli ultimi 150 anni ci sta conducendo verso un traguardo mai raggiunto nella nostra storia nazionale.

Nemmeno dal fascismo, che non si è mai sognato di agevolare la criminalità dei colletti bianchi, anche se amici del regime.


* Domenico Gallo, magistrato della Suprema Corte di Cassazione
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venerdì 6 novembre 2009

IL FATALISMO DELLA SCONFITTA

di Raniero La Valle


Le “primarie” del Partito Democratico sono andate a buon fine esprimendo una netta maggioranza a favore di Bersani. Da più parti è stato sottolineato il valore dei tre milioni di partecipanti al voto, e perciò è stato detto che le primarie sono una cosa bellissima e tutte le elezioni, anche di partito, si dovrebbero fare così. Ma che questa volta sia andata a finire bene non significa affatto che l’istituto ne esca convalidato.Anzitutto ha sequestrato per più di due mesi il Partito Democratico dalla vita politica attiva, facendolo concentrare su di sé e lasciando che il governo facesse il buono e cattivo tempo. In secondo luogo c’è mancato poco che mettesse in contrapposizione elettorato e partito, facendo uscire dai gazebo un segretario diverso da quello voluto dagli iscritti. In terzo luogo ha offerto a elettori di altri partiti, e anche della destra, la possibilità di interferire o addirittura determinare una scelta di partito in quello snodo delicatissimo che è la formazione della sua classe dirigente.
Se le primarie sono finalizzate alla scelta di candidati per cariche elettive pubbliche riguardanti tutti i cittadini (come avviene in America) esse sono giustificate perché anche un elettore repubblicano può essere interessato alla scelta del candidato democratico dal quale, se vince, sarà governato. Ma elezioni primarie per cariche interne di partito sono prive di senso, perché i partiti sono associazioni volontarie la cui responsabilità è degli associati, che si mettono insieme per uno specifico progetto politico e sociale, e non sono espressione di una generica società civile. I partiti sono voluti dalla Costituzione come strumenti, e non come fine a se stessi. L’idea che al Paese si debba promettere e fornire un bel partito, piuttosto che una buona politica, e rigirarselo tra le mani e contemplarlo in modo narcisistico, è una delle aberrazioni della cosiddetta transizione italiana.
In verità in questo innamoramento del vecchio gruppo dirigente del PD per le primarie, è tornata una vecchia sindrome autodistruttiva della sinistra italiana. C’è un partito “nuovo”, frutto di sacrifici e speranze, che gode di simpatie antiche ed è ancora radicato nel territorio? Bene, facciamo le primarie e mettiamolo in mano al primo che passa. C’era il partito comunista che pur con tutti i suoi limiti rappresentava il fulcro della sinistra e un architrave della democrazia? Bene, facciamo la Bolognina, togliamo il disturbo e mettiamone i resti alla mercé di un alveare impazzito. C’era una sinistra democristiana che era riuscita ad impedire che il “partito cattolico” si identificasse con una secca opzione conservatrice? Bene, sciogliamo la Democrazia cristiana e lasciamo la prateria alle scorrerie della Lega e alla colonizzazione berlusconiana. C’era la Costituzione, l’unica cosa che reggeva attraverso venti e maree, terrorismo e partitocrazia? Bene, picconiamola prima ancora della caduta del muro di Berlino (c’era un uomo “di sinistra” al Quirinale), rimettiamola in gioco come i pezzi di un meccano, facciamo vedere che con un po’ di maggioranza chiunque la Costituzione se la può cambiare anche da solo.
Poi ci si interroga sul perché del successo della destra. E anche qui la sinistra appare stregata: crede che la destra abbia messo in campo chissà quali risorse, per tirar fuori questo populismo autoritario che cavalca la crisi vendendo illusioni e godendo di alti sondaggi; si chiede a quali arti la destra abbia saputo ricorrere, per installarsi saldamente al potere; si chiede quale cultura, anche se non si vede, essa nasconda dietro l’evidente analfabetismo di molti dei suoi cantori; pensa che chissà di quali novità è stata capace per scalzare la vecchia egemonia della cultura democratica e progressista.
Ma non c’è bisogno di attribuire alla destra tali magie. Essa non ha inventato nulla di nuovo, non ha aperto una fase nuova. È la stessa destra italiana da Bava Beccaris al fascismo all’asse Bossi-Berlusconi. Il nuovo, che era venuto ad interrompere questa linea continua, è stata la Costituzione, sono stati i partiti popolari, i sindacati, le lotte sociali, la proporzionale, la scuola di massa, la televisione pubblica, l’unità delle forze democratiche. È questo nuovo che è stato rimosso. E nella misura in cui queste cose vengono tolte una a una, la destra riprende lo spazio e dilaga, usando tutti gli strumenti che la sinistra ha messo nelle sue mani.
L’elezione di Bersani è una buona notizia, perché sembra voler rovesciare il fatalismo della sconfitta, a cominciare dalla ripresa di una politica di larghe alleanze.

Raniero La Valle
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giovedì 5 novembre 2009

Sentenza della Corte Europea sul Crocefisso/ Non tutto è diritto

di Raniero La Valle

Vorrei dire il mio sentimento riguardo alla sentenza della Corte europea sul crocefisso nelle scuole. La sentenza è ineccepibile: una volta investita del caso, la Corte non poteva che decidere così; infatti in discussione non c’era l’utilità, l’opportunità, il significato, religioso o civile, del crocefisso, la percezione positiva o negativa che dei minori, per lo più ignari del cristianesimo, possono avere di un uomo “appeso nudo alla croce”, e così umiliato ed ucciso esposto alla vista di tutti. Non su questo verteva il giudizio e non su questo dovrebbe svilupparsi il dibattito sulla sentenza, in odio alle ragioni degli uni o degli altri, come ho visto fare anche in giornali amici. Il giudizio verteva sull’obbligo, imposto dallo Stato, di mettere il crocefisso nelle aule scolastiche; come dice la Corte di Strasburgo “sull’esposizione obbligatoria di un simbolo di una data confessione religiosa” nel contesto di una funzione pubblica gestita dal governo. È evidente che a quest’obbligo, derivante da decreti reali e da circolari fasciste che imponevano insieme al crocefisso il ritratto del re, si oppongono tutti i principi del moderno Stato di diritto, le norme della Costituzione, la Convenzione europea e forse anche la Dichiarazione conciliare “Dignitatis humane” sulla libertà religiosa.
Nondimeno vorrei dire il mio sentimento di dolore per ciò che è accaduto e ancor più per ciò che può accadere.
Anzitutto mi dispiace che ad attivare il procedimento nelle sue diverse fasi, con innegabile tenacia, sia stata una madre di due bambini che è anche socia dell’Unione Atei e Agnostici Razionalisti (UAAR), il che fa pensare che oltre alla difesa dei due figli da indesiderate interferenze religiose, tra i motivi del ricorso ci fosse un più generale interesse ideologico.
Mi dispiace anche che la giurisdizione amministrativa italiana e il governo siano stati così miopi, sia nella sostanza che nelle motivazioni, nel respingere le ragioni della ricorrente (mentre per darle ragione sarebbe bastata la Costituzione), da provocare l’appello alla Corte di Strasburgo e da chiamare perciò in causa addirittura la Convenzione dei diritti dell’uomo; testo normativo certo pertinente, ma alquanto sproporzionato se si pensa a quali e quanti diritti umani sono impunemente e atrocemente violati in tutto il mondo, e alla compressione vicino allo zero che per contro la presenza del crocefisso nelle aule scolastiche infligge ai diritti umani dei fanciulli che sono costretti a vederlo.
Inoltre mi dispiace che l’Italia, in una sede significativa come la Corte di Strasburgo, abbia mostrato il grado infimo a cui la considerazione del diritto è arrivata nel governo del nostro Paese, mettendo tra le motivazione della sua memoria difensiva “la necessità di trovare un compromesso con i partiti di ispirazione cristiana”, che nella migliore delle ipotesi è una ragione inerente alla politica politicante, cioè al potere, e non al diritto.
Ma soprattutto mi dispiace che, riconoscendosi da parte di tutti che non c’è più una religione di Stato, e che non si può imporre a tutti la rappresentazione simbolica di una sola confessione, ci sia una gara per dire che il crocefisso andrebbe mantenuto perché avrebbe cessato di essere un simbolo religioso, e sarebbe invece “un simbolo dello Stato italiano”, “un simbolo della storia e della cultura italiane”, un segno “dell’identità italiana”, “una bandiera della Chiesa cattolica, l’unica – ha osservato il tribunale amministrativo di Venezia – a essere nominata nella Costituzione italiana”; anzi, secondo il Consiglio di Stato, la croce sarebbe diventata un valore laico della Costituzione e rappresenterebbe i valori della vita civile. Come dice giustamente un terzo intervenuto nel giudizio di Strasburgo (un’organizzazione per l’attuazione dei principi di Helsinki), questa posizione “è offensiva per la Chiesa”.
Questa posizione è infatti atea, ma è devota, e tende a lucrare i benefici della religione come religione civile. E io dico la verità: se il Crocefisso diventasse la bandiera di un’identità, di un nazionalismo, di un razzismo, di una lotta religiosa, e se la sua difesa dovesse essere messa nelle mani di Gasparri, di Calderoli o di Pera, della Lega o di Villa Certosa, e cessasse di essere la memoria di un Dio che si è fatto uomo, per rendere gli uomini divini, e che “avendo amato i suoi fino alla fine” ha accettato dai suoi carnefici la sorte delle vittime, e continua a salire su tutti i patiboli innalzati dal potere, dal danaro e dalla guerra, allora io non vorrei più vedere un crocefisso in vita mia.
E mi dispiace infine che questa controversia abbia preso il via da una regolamentazione giudiziaria, norma contro norma, obbligazione contro abolizione. Il diritto non può che operare così, e quello che era obbligatorio prima può rendere illegittimo oggi. Ma io penso che non c’è solo il diritto scritto; ci sono le consuetudini, c’è una cultura comune, che pian piano muta, che ieri era “cristiana”, oggi è agnostica, domani sarà laica; si possono far crescere i processi, senza imposizioni e senza strozzature, accompagnando col variare delle proposte educative, dei mondi vitali, delle culture diffuse, delle etnie compresenti, il variare delle forme e dei simboli mediante i quali una società rappresenta se stessa. E non è detto che tutto il cambiamento debba avvenire tutto in una volta e in tutto il Paese, come quando a un solo segnale vennero rovesciati i ritratti del re e i simboli del fascismo.
Non credo che quello che oggi manca in Italia sia il riaccendersi di un conflitto religioso, di una guerra ideologica. Certo al governo piacerebbe, perché sarebbe ancora un altro modo per dirottare l’attenzione, per restare esente dal giudizio sul disastro prodotto dalle sue politiche reali.
Se dovessi dire come procedere, direi che lo Stato smetta di imporre alle scuole il crocefisso, e non impugni Strasburgo; che la Chiesa non ne rivendichi l’obbligo, tanto meno come simbolo d’identità e di radici, piuttosto che come simbolo di salvezza, e per ottenerlo non corra nelle braccia del governo; e che con buon senso, secondo le tradizioni e le esigenze dei luoghi, si trovi un consenso tra genitori, alunni e maestri, sul lasciare o togliere la croce. L’ultima cosa che vorrebbe quel Dio schiavo che vi si trova appeso, è di portare l’inquietudine, l’inimicizia e lo scontro nei luoghi dove una generazione sta scegliendo, e forse solo subendo, il suo futuro.

Raniero La Valle
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